Tossina botulinica
Dr. Maria Angela Monti, fisiatra

Il termine spasticità è tradizionalmente associato a pazienti con gravi disabilità, nei quali, a seguito di lesioni cerebrali di entità significativa, si sviluppano importanti retrazioni muscolari e articolari che determinano deformità marcate. Tale concezione, tuttavia, non rispecchia in modo esaustivo la realtà clinica. La spasticità rappresenta infatti un segno rilevante anche in soggetti con buon livello di funzionalità, nei quali contribuisce in misura significativa ai disturbi della deambulazione. Questi ultimi sono frequentemente attribuiti in maniera riduttiva a deficit di forza muscolare, mentre la spasticità – fattore spesso sottostimato – riveste un ruolo patogenetico centrale.
La spasticità pone una duplice sfida clinica. Da un lato, riduce l’elasticità muscolare e maschera il reale grado di forza volontaria residua; dall’altro, può paradossalmente offrire un beneficio funzionale, consentendo il mantenimento della stazione eretta e, in alcuni casi, incrementando la sicurezza del cammino attraverso meccanismi compensatori. Nondimeno, la persistenza della spasticità favorisce il rimodellamento dei tessuti molli e l’instaurarsi di deformità scheletriche progressive, sottolineando la necessità di una valutazione accurata e di un trattamento tempestivo.
Una caratterizzazione diagnostica adeguata della spasticità richiede l’integrazione di esami statici e dinamici, in particolare nell’ambito dell’analisi del cammino, che rappresenta uno degli strumenti più avanzati nella riabilitazione neurologica. Il tradizionale orientamento alla valutazione delle grandi articolazioni, come anca e ginocchio, tende a trascurare l’importanza delle dinamiche vettoriali, della distribuzione dei momenti torcenti e del contributo di muscoli più piccoli ma funzionalmente determinanti, come soleo e gastrocnemio. Il riconoscimento delle diverse fasi del passo – quali i meccanismi di “rocker” del tallone, della caviglia e dell’avampiede – evidenzia come disfunzioni anche minime possano alterare in maniera significativa l’intero schema locomotorio. L’individuazione del primum movens, ossia del deficit primario alla base del disturbo, si conferma elemento cruciale per una pianificazione terapeutica mirata ed efficace.
Presso l’Unità di Riabilitazione Specialistica della Fondazione Gaetano e Piera Borghi, l’approccio clinico privilegia una valutazione globale e una strategia terapeutica personalizzata. La terapia con tossina botulinica costituisce un cardine dell’intervento riabilitativo ed è erogata in un contesto multidisciplinare. Una gestione ottimale non si esaurisce nella competenza tecnica della procedura infiltrativa – comprendente la selezione accurata dei muscoli bersaglio mediante guida ecografica o stimolazione elettrica, nonché la definizione di diluizione e dosaggio appropriati – ma prevede l’implementazione di protocolli riabilitativi strutturati nel periodo post-iniettivo. Il successo terapeutico dipende dall’azione sinergica di un’équipe multidisciplinare composta da fisiatri, infermieri, fisioterapisti, terapisti occupazionali, operatori socio-sanitari, logopedisti e neuropsicologi, con tutti gli interventi integrati all’interno di un Piano Riabilitativo Individualizzato (PRI) e realizzati secondo un approccio rigorosamente centrato sulla persona.